Strategie e procedure per la gestione dei pasti assistiti nei pazienti affetti da disturbi dell’alimentazione

Riccardo Dalle Grave

La ragione principale per cui alcuni pazienti necessitano di un trattamento più intensivo rispetto alla terapia ambulatoriale è che non sono in grado di attuare i cambiamenti necessari alla loro alimentazione. Questo accade per varie ragioni come l’eccessiva preoccupazione per il peso e la forma del corpo, la paura di perdere il controllo nei confronti dell’alimentazione e di aumentare di peso in modo incontrollato, la presenza di rituali alimentari che influenzano l’alimentazione e l’ambivalenza nei confronti del cambiamento. I pasti assistiti sono stati per la prima volta introdotti nel 1985 dall’Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura Villa Garda per superare questi problemi e negli anni successivi sono diventati la procedura centrale di tutti i trattamenti riabilitativi ospedalieri dei disturbi dell’alimentazione operanti in Italia.
Il pasto assistito prevede che il paziente sia assistito da un operatore sanitario (in genere la dietista o l’infermiere professionale) per superare gli ostacoli all’assunzione adeguata di nutrienti. Ciò che l’alimentazione assistita tratta esattamente dipende dalla natura dei problemi del paziente, ma di solito affronta il non mangiare abbastanza (per recuperare peso), il non mangiare abbastanza spesso e il non mangiare una gamma ragionevole di cibo. Per ogni paziente viene concepito un programma alimentare progettato a trattare le sue particolari difficoltà. Questo viene fatto in modo collaborativo e si combina con un’adeguata educazione sull’alimentazione, sulla nutrizione e sul bilancio energetico.
L’operatore che assiste i pasti applica specifiche procedure per aiutare il paziente a mangiare che hanno lo scopo di aiutarlo a ridurre l’ansia nei confronti dell’alimentazione e di farlo sentire in controllo durante il processo di recupero del peso senza farsi influenzare dallo stato mentale del suo disturbo dell’alimentazione. Le procedure specifiche applicate includono l’educazione, e in caso di difficoltà, il supporto e il mangiare in modo meccanico che consiste nel non farsi influenzare dai segnali interni (fame, sensazione di pienezza), perché sono alterati dal stato di sottopeso e non sono una buona guida per decidere quanto e quando mangiare, e il mangiare senza farsi influenzare dalle preoccupazioni sull’alimentazione, perché sono effetti secondari del disturbo dell’alimentazione e anch’esse non sono una buona guida per decidere quanto e quando mangiare. Il paziente è anche incoraggiato a evitare di usare i rituali a tavola perché sono un effetto secondario del disturbo dell’alimentazione.
I pasti assistiti, inseriti in un programma riabilitativo ospedaliero basato sulla terapia cognitivo comportamentale migliorata, hanno dimostrato di essere in grado di determinare la normalizzazione del peso (BMI ≥ 18,5) nell’86% nei pazienti che hanno completato il trattamento (90%).

Referenze
Dalle Grave R, Calugi S, Conti M, Doll H, Fairburn CG (2013). Inpatient cognitive behaviour therapy for anorexia nervosa: A randomized controlled trial. Psychotherapy and Psychosomatics 82:390-398.