Perfezionismo e disturbi dell’alimentazione

Massimiliano Sartirana

I modelli teorici psicologici hanno spesso associato il perfezionismo ai disturbi dell’alimentazione, ma solo recentemente sono emerse alcune evidenze che hanno migliorato la comprensione della natura della loro relazione reciproca.

Principali modelli teorici

Secondo Wade, O’Shea e Shafran i principali modelli teorici che hanno associato il perfezionismo ai disturbi dell’alimentazione sono tre:

A. Modello a tre fattori di Vohs e colleghi. Il modello ipotizza che l’autostima modera l’interazione tra perfezionismo, peso percepito (indipendentemente dal livello di peso) e cambiamenti nei sintomi bulimici (Figura 1). In sostanza il modello ipotizza che le persone perfezioniste con bassi livelli di autostima e con preoccupazioni per il peso presentano più frequenti episodi di abbuffata rispetto a quelle con preoccupazioni per il peso con più alti livelli di autostima. L’interazione a tre vie (bassa autoefficacia, livelli elevati di autocritica e preoccupazioni per il peso e la forma del corpo) è stata testata in due studi, dimostrando che predice gli episodi di abbuffata e in modo minore i comportamenti eliminativi. Nessun trattamento è stato però derivato questo modello teorico.

Diapositiva2Figura 1. Il modello a tre fattori

B. Teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione. La teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione, proposta dal centro CREDO dell’università di Oxford, postula che il perfezionismo clinico sia un meccanismo di mantenimento aggiuntivo che opera in un sottogruppo di persone affette dal disturbo dell’alimentazione. Il perfezionismo clinico è definito come “l’eccessiva valutazione per lo sforzo nel raggiungere e nel raggiungimento di standard personali esigenti nonostante le conseguenze avverse”. La teoria postula che il perfezionismo clinico si può esprimere nel controllo dell’alimentazione, del peso e della forma del corpo contribuendo a mantenere la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione e ad ostacolare il trattamento (Figura 2). Uno studio che ha valutato il trattamento transdiagnostico ha evidenziato che i pazienti con due o più dei meccanismi aggiuntivi postulati dalla teoria transdiagnostica (perfezionismo clinico, bassa autostima nucleare, difficoltà interpersonali, intolleranza alle emozioni) rispondono meglio alla terapia cognitivo comportamentale migliorata (CBT-E) allargata, che affronta questi meccanismi, rispetto alla CBT-E focalizzata, che affronta solo la psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione.

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Figura 2. Il modello transdiagnostico

C. Il modello cognitivo interpersonale dell’anoressia nervosa. Questo modello teorico, sviluppato presso il Maudsley Hospital di Londra formulato esclusivamente per l’anoressia nervosa, sostiene che il disturbo si sviluppa in persone che hanno tratti ansiosi e perfezionisti ed è mantenuto dai seguenti quattro fattori allargati (Figura 4): (i) lo stile di processamento delle informazioni perfezionistico e rigido focalizzato sui dettagli; (ii) i danni nell’area psicologico emotiva (per es. evitare l’esperienza e l’espressione di emozioni nel contesto delle relazioni intime); (iii) lo sviluppo di convinzioni sull’utilità dell’anoressia nervosa; (iv) le azioni non volontarie degli altri significativi che possono mantenere l’anoressia nervosa (per es. alti livelli di emotività espressa e comportamenti compiacenti). Secondo il modello il digiuno intensifica tutti questi problemi, formando un un ciclo ricorsivo tra le conseguenze della restrizione calorica e questi fattori di mantenimento. Il modello ipotizza anche che il temperamento nell’infanzia, che include ansia, ossessioni e perfezionismo, possa costituire un fattore di rischio neurobiologico per lo sviluppo dell’anoressia nervosa e che la restrizione alimentare sarebbe una strategia utilizzata per modulare emozioni negative determinate da interazioni asimmetriche tra sistemi inibitori serotoninergici e dopaminergici della ricompensa. Da questo modello è stato sviluppato il MANTRA (The Maudsley Model Treatment of Adults) che, però, nello SWAN Study è risultato egualmente efficace della terapia SSCM (Specialist Supportive Clinical Management) e meno efficace della CBT-E.

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Figura 3. Il modello cognitivo interpersonale

 

Evidenze che supportano l’associazione tra perfezionismo e disturbi dell’alimentazione

  1. Studi cross sectional. In generale questi studi, i più numerosi fino ad ora eseguiti, hanno dimostrato che gli individui con disturbo dell’alimentazione (anoressia nervosa e bulimia nervosa) hanno livelli significativamente più elevati di perfezionismo attuali e nell’infanzia rispetto ai soggetti di controllo e ai soggetti con altre diagnosi psichiatriche.
  2. Studi longitudinali. Esiste una crescente evidenza dell’esistenza di una relazione longitudinale tra il perfezionismo e l’aumento dei comportamenti alimentari disturbati e del rischio di disturbo dell’alimentazione, in presenza di altre variabili chiave, tra cui le più promettenti sembrano essere i costrutti che si riferiscono all’auto-efficacia e all’inefficacia. La misura in cui i diversi tipi di perfezionismo contribuiscono a tale rischio richiede, però, ulteriori delucidazioni.
  3. Studi su persone guarite da un disturbo dell’alimentazione. I risultati di questi studi sono contraddittori; alcuni hanno evidenziato punteggi più elevati di perfezionismo nei soggetti guariti dal disturbo dell’alimentazione rispetto ai soggetti che non hanno mai avuto un disturbo dell’alimentazione; altri non hanno evidenziato differenze significative soprattutto quando il criterio di guarigione è definito in modo più solido.
  4. Studi sperimentali. Hanno evidenziato che la manipolazione di alcune espressioni del perfezionismo come gli standard personali o le preoccupazioni valutative possono favorire un aumento della restrizione alimentare, dei sensi di colpa ad essa associata e della sintomatologia bulimica. Questi risultati suggeriscono che il perfezionismo, oltre ad essere un potenziale fattore di rischio, è malleabile e sensibile non solo a eventi della vita ma anche a interventi e quindi può essere un potenziale obiettivo di trattamento e prevenzione dei disturbi dell’alimentazione.
  5. Studi di trattamento e prevenzione. Hanno evidenziato che il trattamento del perfezionismo con procedure cognitivo comportamentali in diversi formati (individuale, auto aiuto guidato, interventi basati sul web e di gruppo) è in grado di determinare esiti positivi in campioni transdiagnostici di soggetti con disturbo dell’alimentazione non solo sul perfezionismo in sé e sulla psicopatologia generale ad esso associata (livelli di ansia e depressione), ma anche nelle espressioni della psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione. Infine, uno studio di prevenzione mirata sul perfezionismo condotto su ragazze delle scuole superiori ad alto rischio per un disturbo dell’alimentazione ha determinato miglioramenti sia nel perfezionismo (per es. negli standard personali e nelle preoccupazioni valutative) sia la riduzione della restrizione dietetica.

Conclusioni

Nel complesso la maggior parte dei dati ottenuti da queste ricerche sembrano suggerire che il perfezionismo sia un tratto sensibile agli interventi clinici. Rimangono comunque due aree non chiare che la ricerca futura dovrà indagare. La prima è la necessità di migliorare la comprensione di come il perfezionismo possa aumentare il rischio di sviluppare un disturbo dell’alimentazione. A tal fine appare indispensabile arrivare ad una misurazione più efficiente del perfezionismo per meglio comprendere il suo contributo nello sviluppo e dei disturbi dell’alimentazione in studi longitudinali. La seconda è il miglioramento della a comprensione del ruolo del perfezionismo sia nella prevenzione sia nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione confrontandolo con altri fattori potenziali di rischio e mantenimento.

 

Fonte: Wade DT, O’Shea A, Shafran R (2016). Perfectionism and Eating Disorders. In: Sirois MF, Molnar SD (eds) Perfectionism, Health, and Well-Being. Springer International Publishing, Cham, pp 205-222. doi:10.1007/978-3-319-18582-8_9