Trattamento cognitivo-comportamentale della ruminazione nell’ambito dei disturbi alimentari

Selvaggia Sermattei e Simona Calugi AIDAP Empoli e Firenze

Fonte: Thomas JJ, Murray HB. Cognitive-behavioral treatment of adult rumination behavior in the setting of disordered eating: A single case experimental design. Int J Eat Disord. 2016 Jun 15. doi: 10.1002/eat.22566.

 

Il DSM-5 ha unito in un unico capitolo i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e all’interno di questa categoria, il disturbo di ruminazione è caratterizzato da ripetuto rigurgito di cibo – che può essere rimasticato, ringoiato o sputato – per un periodo di almeno 1 mese. Nonostante il DSM-5 proibisca esplicitamente la diagnosi in comorbilità con altri disturbi dell’alimentazione, alcuni studi mostrano che la ruminazione può presentarsi nell’ambito di altri disturbi dell’alimentazione e in casi di sovrappeso e obesità.

In contrasto ad una solida letteratura sull’evidenza di efficacia di trattamenti per i disturbi dell’alimentazione, si ritrovano pochi dati sul trattamento del disturbo di ruminazione. Rimane ad oggi sconosciuto se la ruminazione in presenza di un altro disturbo dell’alimentazione debba essere trattata separatamente con interventi distinti o se possa rispondere ad un approccio transdiagnostico.

Thomas e Murray in un recente articolo pubblicato sull’International Journal of Eating Disorders, in un disegno sperimentale su caso singolo, descrivono il trattamento di una donna di 27 anni, con indice di massa corporea di 47,2 kg/m2, una storia di ruminazione e una diagnosi di disturbo da binge eating a bassa frequenza. La donna riferiva che il suo rigurgito era involontario e senza sforzo, nonostante fosse chiaro un legame tra ruminazione e abbuffate, suggerendo l’importanza di una formulazione transdiagnostica. Gli autori hanno ipotizzato che i meccanismi di mantenimento del rigurgito fossero l’inconsapevolezza della paziente sul ruolo attivo svolto per rigurgitare e il legame percepito dalla paziente tra rigurgito e impatto sul peso e sulle forme corporee. Il trattamento proposto è stato rivolto a questi meccanismi di mantenimento ed il disegno sperimentale ha previsto  tre fasi.

Una prima fase durata sei settimane in cui la paziente ha svolto il monitoraggio del comportamento ruminativo e delle abbuffate.

Una seconda fase d’intervento attivo, durata 7 settimane, con sedute individuali, in cui sono state aggiunte al monitoraggio, tecniche di respirazione diaframmatica 1-2 minuti dopo i pasti (per affrontare la ruminazione); il monitoraggio dell’alimentazione e  la psicoeducazione  seguendo il libro “Vincere le abbuffate” di Fairburn (per ridurre la frequenza delle abbuffate); esperimenti comportamentali e tecniche aversive come ad esempio ri-deglutire il cibo rigurgitato anziché sputarlo (per modificare la credenza rispetto al rigurgito come strategia di modificazione del peso); infine sono state individuate le procedure migliori da proseguire dopo il trattamento per continuare a ridurre la frequenza di ruminazione e abbuffate (con l’obiettivo di prevenire le ricadute).

La fase tre, post trattamento, ha previsto due incontri di follow-up a 8 e 23 settimane, dove sono stati registrati gli episodi di abbuffate e rigurgito.

I risultati hanno mostrato, nella fase iniziale, una riduzione della ruminazione sebbene non statisticamente significativa e una riduzione significativa durante la fase d’intervento. La frequenza del rigurgito continua a decrescere nella fase post trattamento e questa riduzione si correla positivamente con la riduzione della frequenza delle abbuffate. Il peso della paziente ha subìto un decremento dell’1,6% nel corso del trattamento.

Gli autori concludono che la riduzione della frequenza della ruminazione già nella prima fase, con il solo monitoraggio, supporta l’ipotesi secondo cui il considerare la ruminazione un comportamento abituale, automatico e involontario sia un fattore di mantenimento della ruminazione stessa. Il monitoraggio risulterebbe perciò efficace nel migliorare la consapevolezza del ruolo attivo svolto dai pazienti nel rigurgito, così come ampiamente dimostrato in letteratura per altri comportamenti similari (ad esempio per il vomito-autoindotto). La respirazione diaframmatica sembra essere efficace perché incompatibile con la contrazione addominale necessaria per il rigurgito, tuttavia non è risultata una tecnica efficace ad eliminare completamente il rigurgito.

Se procedure tratte dalla CBT per i disturbi dell’alimentazione (come il monitoraggio ed esperimenti comportamentali per testare l’efficacia della ruminazione come strategia di controllo del peso) sembrano essere efficaci per il disturbo di ruminazione, bisogna chiedersi se dovrebbe essere considerata l’opportunità che il DSM-6 preveda la comorbilità tra i diversi disturbi dell’alimentazione o se la ruminazione sia da considerarsi esclusivamente un’espressione della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione. In entrambi i casi rimane aperta la possibilità ad una teoria e un trattamento transdiagnostici.

Gli autori concludono, incoraggiando la produzione di future ricerche che potranno chiarire se i disturbi dell’alimentazione e il disturbo di ruminazione abbiano meccanismi di mantenimento comuni, se le strategie proposte per il trattamento della ruminazione in questo studio siano state efficaci solo perché in copresenza con un disturbo dell’alimentazione e se esistano altre strategie e procedure più efficaci e, infine, se si possa avere la stessa efficacia in un tempo inferiore. Rimane da chiarire se è davvero necessario un trattamento specifico per il disturbo di ruminazione (come le tecniche di respirazione diaframmatica) o se sarebbero sufficienti le strategie e le procedure CBT note per i disturbi dell’alimentazione.