Position Paper AIDAP. Trattamento dei disturbi dell’alimentazione: equipe multidisciplinari o terapie basate sull’evidenza?

Gruppo di lavoro: Riccardo Dalle Grave (coordinatore), Arianna Banderali, Mauro Cappelletti, Simona Calugi, Lucia Camporese, Antonino Faillaci, Domenico Filardo, Maria Grazia Rubeo, Massimiliano Sartirana

La medicina non è un scienza esatta e la pratica medica e psicoterapeutica lo è ancor meno. Questo spiega perché un problema di salute grave, come i disturbi dell’alimentazione, possa essere trattato in modi anche molto diversi. All’incertezza della “scienza” medica va aggiunto infatti il diverso grado di aggiornamento del professionista che la esercita. Purtroppo, trattamenti inadeguati possono determinare effetti negativi sulla salute e sulla qualità di vita del paziente e di conseguenza aumentare i costi totali sull’economia di un Paese. Per far fronte a questi problemi, per ogni malattia, le indicazioni per le cure più idonee ed efficaci sono fornite da un insieme di strumenti (per esempio, linee guida, conferenze di consenso, valutazione di appropriatezza) che andrebbero periodicamente aggiornati. Anche se la teoria indica che gli strumenti dovrebbero rappresentare il frutto di un lavoro condiviso fra medici, pazienti, associazioni e altre professioni sanitarie, questo accade assai di rado e spesso le raccomandazioni sono fortemente influenzate dalle lobby sanitarie, farmaceutiche e politiche.

In Italia non sono ancora disponibili linee guida per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione, ma recentemente sono stati prodotti dei documenti di appropriatezza clinica e di consenso. Il Ministero della Salute ha pubblicato un documento di appropriatezza clinica “Quaderni del Ministero della Salute (numero 17/22 di luglio 2013) – Appropriatezza clinica, strutturale e operativa nella prevenzione, diagnosi e terapia dei disturbi dell’alimentazione”, mentre l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato la Conferenza di Consenso dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) tenutasi a Roma il 24-25 ottobre 2012. L’AIDAP, che ha tra i suoi obiettivi quello di diffondere la conoscenza scientifica nell’ambito della prevenzione, educazione, trattamento e ricerca dei disturbi dell’alimentazione e problemi di peso, ha accolto con molto piacere queste iniziative che giudica meritevoli e degne di attenzione all’interno del mondo scientifico italiano. Riteniamo opportuno però fare alcune precisazioni e aggiunte che a nostro avviso sono necessarie per fornire una corretta informazione ai professionisti della salute, ai pazienti e ai loro familiari. I Quaderni del Ministero della Salute raccomandano di fare studi controllati che consentano di confrontare le diverse tecniche di psicoterapia individuali e familiari, a breve e a lungo termine, e di disseminare le terapie basate sull’evidenza. La Conferenza di Consenso sostiene, invece, che “il trattamento mono-professionale non è raccomandato” e che “l’approccio da garantire deve essere multidimensionale, interdisciplinare, multi-professionale integrato, che coinvolge medici (psichiatri/neuropsichiatri infantili, nutrizionisti clinici, internisti/pediatri), psicologi, psicoterapeuti, dietisti”.

A nostro avviso in queste due raccomandazioni ci sono delle importanti contraddizioni che meritano di essere spiegate. Le principali terapie basate sulle evidenze, disponibili per i disturbi dell’alimentazione, sono le seguenti:  Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) e Terapia Interpersonale (IPT) per la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata, Terapia Basata sulla Famiglia (FBT) per gli adolescenti affetti da anoressia nervosa. Recentemente alcuni studi eseguiti in Italia e in Inghilterra hanno riportato risultati promettenti per la cura dell’anoressia nervosa anche con nuove forme di trattamento, come ad esempio la CBT-E (Enhanced, tr it. Potenziata), sia negli adulti sia negli adolescenti. È da sottolineare che le terapie che hanno dimostrato un’efficacia nei disturbi dell’alimentazione, come ad esempio la CBT e la IPT, sono state somministrate da un singolo terapeuta e non da équipe multidisciplinari.

L’intervento multidisciplinare raccomandato dalla Conferenza di Consenso non ha evidenze di efficacia, non essendo mai stato testato in rigorosi studi randomizzati e controllati. Tale intervento, sebbene sia inevitabile in pazienti fortemente malnutriti e complessi e in contesti di cura intensivi come la terapia ambulatoriale intensiva, il day-hospital e il ricovero, presenta, come sottolineato dai Quaderni, vantaggi e svantaggi. Il vantaggio è che la presenza di clinici con competenze multiple può facilitare la gestione di pazienti con gravi problemi medici e psichiatrici coesistenti col disturbo dell’alimentazione, un sottogruppo di pazienti tipicamente trattato nei luoghi intensivi di cura come il day-hospital o il ricovero. Gli svantaggi possono essere divisi in tre categorie principali:

  1. Un trattamento con molteplici terapeuti incoraggia i pazienti a ripartire i loro problemi e parlare di problemi specifici con specifici terapeuti. Il risultato è che nessun terapeuta osserva e apprezza l’intero quadro clinico del paziente.
  2. L’applicazione di un trattamento da parte di terapeuti che condividono la loro conoscenza, senza un modello teorico e clinico condiviso, facilita la comunicazione di informazioni contraddittorie ai pazienti sul loro disturbo e sulle strategie per affrontarlo. Questo può creare confusione nei pazienti sui problemi da affrontare per superare il disturbo dell’alimentazione e far sviluppare la sensazione di non essere in controllo durante il trattamento. Inoltre, rischia di aumentare le divisioni e conflittualità tra i membri dell’équipe che possono avere convinzioni diverse sulle modalità di cura e sui problemi che devono essere affrontati. La divisione e le conflittualità dell’équipe possono essere utilizzate dai pazienti per aumentare la loro resistenza alla cura.
  3. I trattamenti multidisciplinari sono molto costosi, un fatto da tenere sempre in grande considerazione in un momento di crisi economica e finanziaria. Con le terapie basate sull’evidenza, somministrate da un singolo terapeuta (CBT, IPT, FBT) in 20-40 sedute, i 2/3 dei pazienti che concludono il trattamento (circa l’80%) raggiunge una remissione duratura dal disturbo dell’alimentazione. Questo dato dovrebbe suggerire che l’intervento di prima scelta da raccomandare per la cura dei disturbi dell’alimentazione dovrebbe essere, a seconda dei casi, la CBT, la IPT o la FBT. I vantaggi di questo intervento, oltre all’efficacia, sono i bassi costi – 20 sedute con un terapeuta costano circa 1200 Euro – e il non fornire informazioni contraddittorie ai pazienti. Purtroppo, come sottolineato dai Quaderni, “nonostante gli importanti progressi ottenuti con lo sviluppo di psicoterapie con un’evidenza di efficacia, questi trattamenti sono raramente applicati al di fuori dei luoghi di ricerca e, ancora oggi, molti pazienti in Italia continuano a ricevere interventi sub-ottimali”.

Sulla base di questi fatti, l’AIDAP non raccomanda l’implementazione improvvisata e diffusa di centri multidisciplinari per la cura di disturbi dell’alimentazione, ma piuttosto suggerisce di investire le poche risorse finanziarie disponibili nella formazione accurata di un ampio numero di professionisti sulle terapie basate sull’evidenza, che non sono abitualmente insegnate nei percorsi professionali universitari e post-universitari. Le équipe multidisciplinari dovrebbero essere implementate solo in alcuni centri di riferimento che hanno la disponibilità di interventi intensivi di cura, come il trattamento ambulatoriale intensivo, il day hospital e il ricovero, a cui i clinici possono inviare i pazienti che non rispondono alle terapie ambulatoriali standard basate sull’evidenza. Anche in questi centri di riferimento, comunque, è opportuno, al fine di fornire un approccio coerente e non contraddittorio, che i terapeuti, pur mantenendo i loro ruoli professionali specifici, condividano la stessa filosofia e teoria, utilizzino un linguaggio comune con i pazienti ed eseguano incontri periodici tra di loro e con il paziente per discutere i vari elementi del trattamento e la relazione tra loro. Infine, è raccomandabile eseguire studi per valutare l’efficacia dei trattamenti multidisciplinari intensivi attraverso studi longitudinali e controllati, con outcome valutati possibilmente da operatori neutri, per capire se e quando è conveniente investire risorse economiche in questi costosi interventi.

 

Messaggi chiave
Numerose ricerche hanno dimostrato che gli unici trattamenti evidence-based per i disturbi dell’alimentazione sono quelli psicologici
I trattamenti psicologici evidence-based, come la CBT, l’IPT e la FBT sono somministrati da singoli terapeuti non da equipe multidisciplinari
Con i trattamenti psicologici evidence-based  i 2/3 dei pazienti con disturbi dell’alimentazione che conclude il trattamento raggiunge una remissione duratura in 20-40 sedute
L’approccio multidisciplinare non un trattamento evidence-based, ma  è potenzialmente più utile per i pazienti gravemente malnutriti e complessi e in contesti di cura più intensivi, come la terapia ambulatoriale intensiva, il day hospital o il ricovero riabilitativo
L’approccio multidisciplinare andrebbe preferibilmente somministrato da équipe che adottano un orientamento teorico comune e non eclettico
È raccomandabile eseguire studi longitudinali e controllati, possibilmente valutati da operatori neutri, per determinare l’efficacia dell’approccio multidisciplinare