Prevenzione dei disturbi dell’alimentazione: un aggiornamento

A cura di Riccardo Dalle Grave

La prevenzione dei disturbi dell’alimentazione nei giovani, sebbene rappresenti un intervento che vale la pena di fare e a cui dedicare sforzi e risorse, è stata condotta in Italia senza aderire a un modello teorico solido ed è, con qualche piccola eccezione, priva di efficacia provata. Fortunatamente negli ultimi 15 anni la ricerca nella prevenzione dei disturbi dell’alimentazione ha fornito delle prove che è possibile ridurre alcuni fattori di rischio stabiliti e ha fornito delle indicazioni su come implementare gli interventi.

Questo articolo ha lo scopo di offrire un aggiornamento sullo stato attuale della ricerca sulla prevenzione dei disturbi dell’alimentazione e di sensibilizzare le istituzioni, i dipartimenti di prevenzione, le autorità scolastiche e gli operatori socio-sanitari ad adottare e a valutare programmi preventivi empiricamente supportati.

L’intervento dovrebbe affrontare i fattori di rischio conosciuti

Nel 2008 le linee guida del Medical Research Council su come sviluppare e valutare interventi complessi ha raccomandato di usare la teoria per sviluppare programmi e trattamenti efficaci. Questa raccomandazione, applicata ai disturbi dell’alimentazione, richiede che l’intervento affronti i fattori di rischio potenziali evidenziati dalla ricerca e che la sua efficacia sia valutata in studi randomizzati e controllati che permettano di valutare non solo gli esiti, ma anche i moderatori (cioè per chi funziona) e i mediatori (cioè attraverso quali meccanismi) del programma preventivo. È anche importante valutare che l’intervento non crei dei danni in un sottogruppo di partecipanti, specialmente quando è rivolto all’intera popolazione. Sebbene il supporto empirico a questa preoccupazione sia scarso, è infatti sempre raccomandabile aderire al principio primum non nocere.

Gli interventi studiati dalla ricerca che si sono dimostrati più efficaci hanno affrontato i seguenti fattori di rischio potenziali:

  • Interiorizzazione dei media che promuovono ideali sociali di magrezza e di aspetto fisico.
  • Pressione dei media, dei pari e dei familiari a conformarsi a un ideale corporeo magro (le ragazze) e muscoloso (i ragazzi).
  • Insoddisfazione corporea.
  • Eccessiva importanza attribuita al peso, alla forma del corpo e al controllo dell’alimentazione per valutare se stessi.

La ricerca ha anche evidenziato l’importanza di modificare i fattori di rischio, applicando interventi che offrano soluzione flessibili per smussare il perfezionismo disfunzionale e l’autocritica associata, che aiutino a costruire l’autoefficacia attraverso l’acquisizione di nuove abilità e che includano discussioni per ridurre la pressione sociale sull’aspetto fisico.

I vari tipi di prevenzione

Nel 2009 il National Research Council e l’Institute of Medicine ha diviso gli interventi di prevenzione nelle seguenti tre categorie principali:

  1. Prevenzione universale diretta alla popolazione o a un gruppo che non è stato identificato sulla base del rischio individuale.
  2. Prevenzione selettiva diretta agli individui o a sottogruppi della popolazione che hanno un rischio di sviluppare il disturbo maggiore della media (per esempio le ragazze adolescenti).
  3. Prevenzione indicata diretta a individui ad alto rischio che hanno dei sintomi iniziali (prodromi) del disturbo dell’alimentazione (per esempio seguire una dieta per modificare il peso e la forma del corpo oppure avere un’eccessiva preoccupazione per il peso e la forma del corpo).

Efficacia degli interventi

I criteri di Chambless e Hollon del 1998 (vedi Tabella 1), usati per definire i trattamenti psicologici empiricamente supportati, vanno adottati anche per valutare se un intervento di prevenzione abbia una validità supportata empiricamente.

Tabella 1. I criteri di Chambless e Hollon (1998) per definire i trattamenti empiricamente supportati

1.     Il confronto con un’altra condizione (placebo o intervento).

2.     L’utilizzo di misure ripetute.

3.     L’inclusione di un campione con una numerosità maggiore di 25 per ogni cella.

4.     La valutazione a un follow-up superiore a 10 settimane dopo la conclusione dell’intervento.

5.     L’uso di misure affidabili e valide.

L’intervento ha un effetto preventivo quando previene l’incremento nel tempo dei fattori di rischio o dei sintomi dei disturbi dell’alimentazione, perché determina un’elevazione meno significativa dei fattori di rischio rispetto al gruppo di controllo.

L’intervento ha un effetto terapeutico quando produce una diminuzione nel tempo dei fattori di rischio o dei sintomi dei disturbi dell’alimentazione rispetto al gruppo di controllo.

Prevenzione universale

Gli interventi di prevenzione universale con il maggior supporto empirico sono quelli basati sulla “capacità di usare i media”, che hanno l’obiettivo di sviluppare nei partecipanti la capacità di valutare criticamente il contenuto dei media per riuscire a identificare, analizzare, sfidare e proporre alternative ai messaggi stereotipati e non salutari presentati dai mass media. In questa categoria di interventi il Media Smart (http://www.nedc.com.au/resource/57/media-smart) ha ottenuto un effetto preventivo sulla preoccupazione per il peso e la forma del corpo, rispetto alla condizione di controllo in due studi, con follow-up di 12 e 30 mesi, rispettivamente. Promettenti sono anche i risultati del programma sviluppato dal gruppo di Susan Paxton che ha affrontato l’interiorizzazione dei media espressa principalmente nella relazione tra i pari – un approccio che attualmente è valutato in un trial controllato promosso da Dove.  Nessun intervento di prevenzione universale ha invece dimostrato fino ad ora di riuscire a prevenire lo sviluppo dei sintomi dei disturbi dell’alimentazione.

Prevenzione selettiva e indicata

I due interventi sono considerati assieme perché è spesso difficile distinguerli e c’è in corso un dibattito sull’utilità di dividerli in categorie distinte.

Tre programmi hanno evidenziato un effetto preventivo nelle ragazze con elevate preoccupazioni per l’immagine corporea: il Body Project e l’Healthy Weight Intervention, descritti anche in lingua italiana nel libro “Progetto Corpo” di Eric Stice e Katherine Presnell https://www.positivepress.net/?s=progetto+corpo, che hanno prodotto una riduzione del 60% dei disturbi dell’alimentazione a tre anni di follow-up rispetto alla condizione di controllo e lo Student Bodies, un programma cognitivo comportamentale online, di Taylor e colleghi che ha dimostrato di prevenire i disturbi dell’alimentazione in un periodo di due anni nei partecipanti con un BMI maggiore o uguale a 25, rispetto all’11,9% del gruppo di controllo che ha sviluppato un disturbo dell’alimentazione.

Il Body Project si distingue dagli altri due programmi per essere stato valutato da numerosi studi randomizzati e controllati. Il programma consiste di quattro sedute di un’ora di gruppo e usa strategie finalizzate a creare nei partecipanti una dissonanza cognitiva nei confronti dell’ideale di magrezza. La teoria della dissonanza cognitiva postula che assumere volontariamente una prospettiva contro-attitudinale causa uno spostamento verso una nuova prospettiva. Il programma include specifici esercizi verbali, scritti e comportamentali per permettere alle giovani donne di criticare volontariamente l’ideale di magrezza. C’è anche un’evidenza emergente che la versione online del programma sia efficace come quella di gruppo.

L’Healthy Weight Intervention, inizialmente ideato come condizione di placebo per valutare il programma Body Project, include varie procedure per scoraggiare comportamenti dietetici non salutari e allo stesso tempo offre indicazioni per adottare un’alimentazione salutare e un’attività fisica regolare.

Lo Student Body è un programma di 8 settimane che l’obiettivo principale di ridurre le preoccupazioni per il peso e la forma del corpo, migliorare l’immagine corporea, promuovere un controllo salutare del peso, ridurre gli episodi di abbuffata e migliorare la conoscenza sui fattori di rischio dei disturbi dell’alimentazione. L’intervento include video e presentazioni audio interattivi, un giornale sull’immagine corporea, auto-quiz, discussioni online di gruppo, feedback personalizzati e compiti settimanali. Il programma è in corso di revisione per includere delle procedure per gestire le emozioni negative e i commenti degli altri sul peso, sulla forma del corpo e sul controllo dell’alimentazione.

Fattori che influenzano l’esito

Oltre al contenuto dell’intervento, l’esito è influenzato, come detto sopra, anche da come esso è condotto. Un effect size maggiore è stato raggiunto nei programmi interattivi rispetto a quelli didattici, che includono sedute multiple (almeno quattro) e condotti da esperti.

Conclusioni

I risultati promettenti ottenuti dalla ricerca sulla prevenzione dei disturbi dell’alimentazione portano dell’ottimismo sulla possibilità di riuscire in futuro a prevenire in modo efficace la loro insorgenza in un ampio numero di persone. Molte sfide rimangono ancora, però, da affrontare.

In primo luogo l’osservazione che l’effect size degli interventi è medio (da -0,30 a -0,40) sottolinea la necessità di ideare interventi più potenti ed efficaci.

In secondo luogo l’effect size diminuisce quando l’intervento è condotto da personale non specializzato, come gli insegnanti, un fatto che richiede di studiare delle modalità innovative per disseminare gli interventi efficaci nelle scuole.

In terzo luogo, la competizione dei programmi di prevenzione dei disturbi dell’alimentazione con altri programmi preventivi e lo scarso tempo disponibile nella scuola per implementarli, sottolinea l’importanza di valutare degli esiti transdiagnostici correlati all’intervento che considerino gli effetti sull’obesità e su altri disturbi mentali.

In quarto luogo è necessario resistere alla pressione degli istituti scolastici di ridurre le sedute dedicate alla prevenzione, vista l’inefficacia dei programmi che includono meno di quattro incontri.

Infine, è importante sviluppare in Italia una cultura preventiva basata sull’evidenza che favorisca l’implementazione di interventi che affrontino i fattori di rischio dei disturbi dell’alimentazione emersi dalla ricerca e che soddisfino i cinque criteri di Chambless e Hollon.

 

Referenze

Chambless, D. L., & Hollon, S. D. (1998). Defining empirically supported therapies. J Consult Clin Psychol, 66(1), 7-18.

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Stice, E., & Presnell, K. (2011). Progetto corpo: Promuovere l’accettazione del corpo e prevenire i disturbi dell’alimentazione. Verona: Positive Press.

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