Recenti sviluppi nelle terapie psicologiche per i disturbi dell’alimentazione

Selvaggia Sermattei e Simona Calugi

AIDAP Empoli e Firenze

Fonte: Waller G. Recent advances in psychological therapies for eating disorders Version 1. F1000Res. 2016; 5: F1000 Faculty Rev-702 doi: 10.12688/f1000research.7618.1

In una recente revisione, Glenn Waller riassume i nuovi sviluppi delle terapie psicologiche per i disturbi dell’alimentazione e affronta le problematiche non ancora risolte dell’intervento terapeutico.

Uno dei primi aspetti presi in considerazione, riguarda il setting di cura che, ad oggi, sembra ancora molto dipendere dalle pratiche di cura locali piuttosto che da evidenze scientifiche. In particolare dovrebbe essere fatta chiarezza sull’utilità del ricovero per pazienti con anoressia nervosa, i cui dati indicano che il ricovero non è un predittore positivo di esito rispetto al trattamento a livelli meno intensivi ed è sostanzialmente più costoso, suggerendo che il suo utilizzo dovrebbe essere limitato ad esigenze mediche.

Un altro problema è se la modalità di implementazione del trattamento può fare la differenza in termini di risultati. Ad oggi, diverse forme di trattamento di auto-aiuto, di gruppo e condotte attraverso l’utilizzo di dispositivi elettronici (come ad esempio le app per smartphone), risultano essere meno efficaci rispetto alla terapia individuale faccia a faccia. Pertanto, le terapie testate in settings ambulatoriali sono quelle da suggerire.

Per quanto riguarda le varie terapie psicologiche ad oggi disponibili per gli adolescenti, il Trattamento Basato sulla Famiglia (FBT) si è dimostrato superiore ad altri approcci individuali, in termini di velocità o livello di recupero, per pazienti con anoressia nervosa. Negli ultimi anni altri approcci individuali sono stati testati in questa fascia d’età e ad oggi la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) si è dimostrata efficace per gli adolescenti con disturbo dell’alimentazione sottopeso o non sottopeso. Tuttavia, va notato che la FBT ottiene benefici più immediati se confrontati direttamente con la CBT per gli adolescenti con bulimia nervosa, sebbene non sia statisticamente superiore alla CBT al follow-up. Pertanto, in questa fascia di età, la CBT dovrebbe essere considerata come un’alternativa da utilizzare, solo se la FBT non è stata possibile o non è risultata efficace. Permane la necessità di un’ulteriore ricerca di metodi più efficaci per i casi d’infanzia.

Negli adulti con disturbi dell’alimentazione, la CBT è indiscutibilmente l’approccio leader. Questa terapia, in diverse forme era già stata dimostrata essere il trattamento di prima scelta per la bulimia nervosa e il disturbo da binge-eating. Da allora, una serie di studi, in particolare sulla forma di CBT migliorata di Fairburn (CBT-E), hanno dimostrato quanto segue:

  • la CBT-E è efficace per la bulimia nervosa e altri disturbi dell’alimentazione normopeso; circa la metà dei pazienti va in remissione e mantiene i risultati.
  • I pazienti con anoressia vanno moderatamente bene con la CBT-E (il tasso di recupero per la terapia ambulatoriale è di circa il 30% alla fine della terapia; la percentuale è leggermente superiore se si considera la fine del trattamento in regime di ricovero).
  • la CBT-E è più efficace della Psicoterapia Interpersonale (IPT) e della terapia psicodinamica per i casi normopeso. Uno studio ha suggerito che la terapia psicodinamica breve per l’anoressia nervosa è efficace come la CBT-E al follow-up, ma così è stato anche per un trattamento “as-usual”, suggerendo che gli effetti di tutte le terapie potrebbero essere stati compromessi da un tasso relativamente alto di ricovero dei pazienti.

Queste conclusioni sulla CBT, secondo Waller, devono essere considerate alla luce di alcuni avvertimenti. Innanzitutto servirebbe un confronto fra la CBT-E e le altre forme di CBT esistenti perché non è chiaro se la CBT-E rappresenti un miglioramento o semplicemente una più ampia applicazione dei principali metodi CBT nei disturbi dell’alimentazione.

In secondo luogo deve essere chiarito quale forma di CBT-E si sta prendendo in considerazione (se la sua forma “allargata” o “focalizzata”) dato che la mancanza di differenza nei risultati fra le due versioni è stata seguita più recentemente dall’adozione di una versione ibrida, basata sull’originale forma “focalizzata”, che però incorpora il modulo “Intolleranza alle emozioni” della versione “allargata”.

In terzo luogo, altre terapie strutturate che si basano su un modello cognitivo ma comprendono altri elementi (ad esempio l’affettività) possono essere efficaci come la CBT-E in pazienti non sottopeso e questo apre la possibilità al fatto che il livello di struttura della terapia sia la chiave dei buoni risultati, forse tanto quanto il contenuto.

Infine dovrebbe essere considerata la natura della CBT che viene implementata perché ad esempio, non è ancora chiaro se la CBT ambulatoriale sia efficace per i casi di anoressia nervosa di lunga data. Questo, secondo l’autore, è da imputarsi al fatto che alcuni ricercatori de-enfatizzano il recupero del peso come un obiettivo di trattamento, e spesso la variabile di esito chiave – il recupero del peso – è stata sostituita con il più generale miglioramento della qualità di vita.

La ricerca negli ultimi anni ha valutato l’efficacia di altre terapie per adulti con l’anoressia nervosa in particolare la Gestione Clinica Specialista di Supporto (SSCM), il modello Maudsley di trattamento per l’anoressia nervosa negli adulti (MANTRA) e la Terapia Dialettica Comportamentale (DBT).

I primi risultati della SSCM sono stati promettenti, ma studi successivi hanno suggerito un tasso di recupero ambulatoriale che si assesta intorno al 15%. La terapia MANTRA progettata per essere più complessa rispetto alla CBT, riporta risultati notevolmente inferiori a quelli della CBT-E, con un tasso di recupero simile a quello della SSCM. La DBT in una sua versione open-DBT, è stata sviluppata per l’anoressia nervosa con particolare attenzione alla componente compulsiva. Fino ad oggi, è stata testata solo in pazienti ricoverati, con un gran numero di dati mancanti e un tasso di recupero intorno al 15-20%.

Quindi, anche se con la CBT-E il tasso di recupero del 30% per l’anoressia nervosa è senza dubbio più debole rispetto ai casi non-sottopeso, risulta comunque notevolmente più alto rispetto alle altre terapie. Tuttavia, Waller sottolinea che la maggior parte delle terapie sopra elencate ha un ragionevole tasso di “parziale recupero / miglioramento” per l’anoressia nervosa, suggerendo che ognuna ha un potenziale per poter essere più potente.

Per quanto riguarda le terapie cosiddette “aggiuntive” o basate sui sintomi, di grande importanza risulta essere il lavoro nutrizionale che sembra cruciale nel supportare le psicoterapie nel produrre cambiamenti cognitivi e nel migliorare il funzionamento psicosociale e qualità di vita. Un’altra terapia è la Cognitive Remediation Therapy (CRT) utilizzata per affrontare la mancanza di flessibilità cognitiva associata in particolar modo all’anoressia nervosa. Alcune evidenze da studi controllati e randomizzati indicano che la CRT è efficace nel mitigare alcuni aspetti della patologia dell’alimentazione e nel migliorare l’adesione ad altre terapie, anche se i benefici non sembrano sempre riconducibili alla prevista maggiore flessibilità cognitiva. Rimane, inoltre, da chiarire se gli effetti di una CRT aggiuntiva sono associati agli esiti positivi di altre terapie e se la CRT è utile nel migliorare la flessibilità cognitiva indipendentemente dall’impatto della ri-alimentazione nei pazienti malnutriti. Infine, si sono dimostrate efficaci una serie di programmi di sostegno individuali e di gruppo, mirati al supporto per gli altri significativi con riduzione dei livelli di stress, ma rimane da stabilire se hanno un chiaro beneficio in termini di riduzione dei sintomi dei pazienti.

L’autore conclude la sua revisione incoraggiando i clinici a lavorare tenendo conto di tali informazioni e auspicando ulteriori sviluppi nella ricerca soprattutto per quelle terapie che già mostrano qualche promessa in termini di riduzione dei sintomi e di recupero parziale o completo.